Prove all'interno del carcere femminile di Pontedecimo - Genova
Iniziativa realizzata grazie all'Assessorato all'Organizzazione e
Personale della Provincia di Genova.
Un grazie in particolare all'Assessore Milò Bertolotto, alla
direttrice del carcere dott.a Maria Milano, alle detenute e alla
polizia penitenziaria.
Il testo parte dalle storie delle detenute con cui l'autrice ha
condotto dei laboratori teatrali.
Noi abbiamo riportato il testo nel suo luogo d'origine.
Chiavi e porte sbarrate che si aprono e si chiudono alle nostre spalle
odore di ospedale
si scende una lunghissima rampa di scale
il parlatorio con dei banchi piccoli come a scuola
una specie di scuola, ma con le inferriate a tutte le finestre
è una bella giornata di sole e due detenute giardiniere ci aiutano a
portare l'attrezzeria
noi non vorremmo: non sono mica le nostre cameriere. Loro insistono. Ci tengono.
Hanno visi affilati, sembrano sorelle, parlano a voce bassa
dai corridoi in cui sbirciamo scendendo scendendo scendendo sempre più
giù si sentono echi di voci femminili in tante lingue diverse, risate,
donne si affacciano a guardarci con la stessa curiosità con cui
guardiamo loro
in fondo in fondo alle scale c'è il teatrino
20 detenute circa ci aspettano
cosa penseranno di noi?
cosa rappresentiamo noi per loro?
Forse sono domande che ci poniamo reciprocamente.
Entriamo con i nostri sacchi e molta incertezza.
E subito, invece, veniamo travolte da un'ondata di calore. Come amiche
di sempre. Le nostre amiche "dentro" colgono ogni minima sfumatura del
testo, della recitazione, della regia. Commentano ad alta voce durante
la prova, cantano la canzone di Patti Pravo che fa da colonna sonora,
ridono con amara ironia - come i personaggi - agli scherzi più amari
della vita.
Si riconoscono.
"Anche io ho lasciato i miei figli. Uno non l'ho visto per 10 anni.
L'ultima volta che l'ho visto era un bambino. Poi, ero a braccetto conmia madre e lui mi viene incontro, un uomo, 18 anni, alto un metro e
ottanta e io stavo per cadere a terra svenuta dall'emozione. "
Compensa la gestualità della bottiglia"
suo amico tossico. Invece vive da sola"
"No, qui lei deve abbracciare la sua amica. Non può essere così distante"
e ci sono restata un giorno intero"
chiavi. Mio padre mi dice: apri quella porta. E io non riuscivo. Non
ero più abituata"
sapeva niente di me. E ho preso in mano la tazzina di caffè. Era così
pesante! Non ero più abituata. Qui noi abbiamo i bicchierini di carta"
posate di plastica e le inghiottono"
" Però anche lei ha cercato di uccidersi la prima notte che è arrivata"
che si strappano i capelli davanti alla direttrice. Io lo sapevo che
spacciando rischiavo la galera. Otto anni però sono un pò troppi. Già
me n'ero fatti sei. Erano volati quelli"
"Siamo marchiate. siamo detenute. Il datore di lavoro durante il
colloquio mi chiede se so contare fino ad 8. A me. Io sono laureata in
matematica"
"Qui dentro gente con i soldi non ne trovi"
"Vorrei tanto che venisse qualcuno a tagliarci i capelli. Quando sono
entrata avevo un bel taglio corto e adesso guarda qui. Ma te lo
immagini? Non faranno mai entrare una con delle forbici!"
"Siamo marchiate. siamo detenute. Ma siamo anche noi che
psicologicamente ci sentiamo diminuite. L'esperienza del carcere chedovrebbe rieducarci, ci fa sentire diminiuite"
anche le uova di Pasqua!"
tua: ma non devi avere paura di rivedere tuo figlio"
"Tornate? Quando tornate? Tornate vero? Se no veniamo noi a trovarvi
teatro! ah ah ah!"Io ci vado a vedere lo spettacolo a teatro. Basta che mi fate entrare
gratis..."
"La prossima volta ti faccio un regalo… Ti regalo la mia storia"
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